Olio d’oliva. Un alimento che, soprattutto nelle diete tipiche del nostro Paese, non manca mai a tavola. Ma siamo sicuri di ciò che mangiamo?
In Italia vengono prodotti tre tipi di olio diversi:extravergine, vergine e lampante. I primi due sono commestibili, il terzo, invece viene “lavato chimicamente” per essere reso commestibile. Tra i tre il più pregiato e consumato dagli italiani è l’olio extravergine di oliva.
Questa pratica è legale ed è regolamentata dal Consiglio Internazionale dell’Olio di Oliva. Il Consiglio non è altro che un Istituto internazionale che raggruppa le nazioni produttrici di olio d’oliva, e che determina i parametri a cui attenersi per rientrare all’interno degli standard qualitativi.
All’interno di questo contesto, in cui, miscelando tipologie diverse di oli si possono raggiungere i parametri qualitativi richiesti, si inserisce il “mercato del falso”. Chi produce l’olio, infatti, può limitare la sua produzione, importando la materia prima dall’estero e trasformandola, rendendola a suo piacimento extravergine o vergine.
E proprio in questi giorni, Il Fatto Quotidiano ha pubblicato alcuni stralci di intercettazioni telefoniche che riguardano il caso in cui sarebbero coinvolti Patrizio Salvadori, titolare dell’omonimo oleificio fiorentino, e Francesco Fusi, presidente dell’Azienda Olearia Valpesana di Monteriggioni.
Grazie a un telefono intercettato dalla Guardia di Finanza di Siena, Fusi viene arrestato; a lui saranno contestate le colpe, ancora da confermare, di: associazione a delinquere, frode in commercio, sofisticazione alimentare, falsità in registri ufficiali.
Ma guardiamo nello specifico cosa sarebbe successo secondo gli inquirenti.
Nell’estate del 2011, durante una verifica fiscale, sarebbero stati scoperti alcuni registri segreti della Valpesana, una sorta di documentazione extra-contabile. Quaderni, raccoglitori, schede in cui sembra fossero descritte le procedure, anche chimiche, per “correggere” l’olio sfuso che l’azienda avrebbe acquistato in quantità ingenti in Italia, Spagna, Grecia e Tunisia. Da qui, l’arresto di Fusi e l’accusa, ancora da accertare, di aver modificato l’olio con modalità che avrebbero violato le normative vigenti.
Quell’olio, dalle analisi, avrebbe fatto registrare un’alta concentrazione di perossidi, dei composti chimici che indicherebbero la tendenza dell’olio all’irrancidimento, e di acidità.
“Bisognerà che tu mi mandi (un olio) con una parvenza di extravergine” queste le parole che Fusi avrebbe rivolto a Salvadori, in base agli stralci pubblicati da Il Fatto.
Una bella gatta da pelare per Fusi che teme per la “salute” del suo ricco portafoglio di clienti, tra cui spiccano nomi come Carapelli, Monini, Azienda olearia del Chianti, Coricelli, De Cecco. Tutte aziende estranee ai fatti e da considerare vittime del presunto raggiro.
Salvadori avrebbe patteggiato la sua posizione, riuscendo a risolvere le sue grane giudiziarie, Fusi, invece, avrebbe cercato di difendere la sua posizione, respingendo le accuse e affermando che: “Tutto l’olio sequestrato mi è stato restituito. Rispettava le normative vigenti”.
Per venire a capo di questa intricata tela di Penelope si dovrà attendere ancora il responso del giudice che dovrà decidere se rinviare a giudizio gli imputati o proscioglierli.
E voi, conoscete l’olio che mettete sulle vostre tavole?
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